La figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, nel corso degli ultimi 10 anni,
si è evoluta da mero consulente del datore di lavoro a vero e proprio professionista della valutazione dei rischi.
Malgrado ciò moltissimi Rspp sottovalutano la portata del proprio ruolo accettando incarichi per i quali non sono adeguati oppure effettuando valutazioni dei rischi sommarie e non realmente rispondenti ai pericoli presenti negli ambienti di lavoro in relazione alle lavorazioni effettuate.
L’osservazione dei lavoratori, mentre operano nell’ambiente oggetto di valutazione, è pratica rara da parte degli Rspp, che per questi motivi omettono di individuare tutti i rischi presenti nell’ambiente e di segnalare al datore di lavoro le necessarie misure di prevenzione e protezione .
Nell’esercizio dei propri compiti, l’Rspp risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, ogni qual volta l’infortunio accaduto, possa essere oggettivamente ricondotto ad una situazione di pericolo che egli aveva l’obbligo di riconoscere e segnalare al datore di lavoro.
La Cassazione ha più volte ribadito che l’Rspp risponde degli eventi dannosi derivanti dai suoi suggerimenti sbagliati o dalla mancata segnalazione di situazioni di rischio, dovuti ad imperizia, negligenza, inosservanza delle leggi o delle discipline, che abbiano indotto il datore di lavoro ad omettere l’adozione di misure prevenzionali doverose.
Tale principio si fonda sul presupposto che il Responsabile, pur svolgendo un ruolo di consulenza ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all’occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza del lavoratore, con la conseguenza che, in relazione al proprio compito, può essere chiamato a rispondere quale garante degli eventi che si verificano per effetto della violazione dei suoi doveri.
Tanto è stato recentemente confermato dalla Cassazione penale – Sezione 4 – sentenza 18 marzo 2019 n. 11708 che ha sposato la motivazione con la quale il Tribunale di Teramo ha condannato un Rspp per il reato di lesioni personali colpose per violazione dell’art. 71, commi 1 e 3 del d.lgs. 81/2008.
Nella circostanza l’Rspp aveva sottovalutato il rischi riconducibile all’utilizzo di un carrello elevatore inadeguato per la movimentazione di travi aventi lunghezza eccessiva rispetto la larghezza della forca di sollevamento utilizzata.
Al Responsabile è stato rimproverato di non aver adeguatamente indicato al datore di lavoro le specifiche misure di prevenzione da adottare in relazione alla lavorazione da effettuare, stante la palese inadeguatezza del macchinario utilizzato
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