Approfondiamo l’argomento relativo alla figura del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) che
com’è noto, viene designato dal datore di lavoro per gestire e coordinare le attività del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (SPP) – per sfatare alcune false credenze che lo vorrebbero immune da responsabilità penali nell’esercizio o a cagione della propria funzione.
Un approccio del tutto superficiale e significativamente negligente potrebbe portare a tali conclusioni ove ci si fermasse solo allo specifico contenuto delle norme (e corrispettive sanzioni penali) previste nel capo IV del decreto legislativo 81/2008.
In effetti, ai fini della individuazione delle responsabilità penali per la mancata attuazione delle disposizioni prevenzionistiche in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, il testo unico, dall’art. 55 e ss., indica analiticamente le figure di garanzia tenute ad assicurarle e/o rispettarle e cioè: il datore di lavoro, il preposto, il medico competente e il lavoratore.
A prima vista, pertanto, qualche incauto professionista della sicurezza sul lavoro potrebbe giungere alla facile conclusione che il RSPP è, di fatto, legibus solutus e non potrà essere chiamato a rispondere del suo operato eventualmente negligente, in quanto il d. lgs. 81/08 non lo annovera fra i destinatari di sanzione penale.
Ma è davvero così? Ovviamente no.
Procediamo quindi per gradi.
Non appare superfluo rammentare che l’art. 33 il servizio di prevenzione e protezione, come richiesto dall’art. 33 del decreto, provvede:
- all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale;
- ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all’art. 28 c.2 e i sistemi di controllo di tali misure;
- ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
- a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
- a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonché alla riunione periodica di cui all’art. 35;
- a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’art. 36.
Già l’elenco dei compiti affidati al RSPP postula il possesso di una molteplice capacità tecnico-professionale e contrattuale, che richiama inequivocabilmente ben precisi ambiti di responsabilità civile e penale, ancorché non ancorati alle disposizioni del D.lgs.81/08.
Orbene, pur restando ferma la responsabilità, sempre e comunque, del datore di lavoro in caso di infortunio sul lavoro che abbia causato lesioni o morte di un dipendente a causa della mancata adozione di tutte le norme prevenzionistiche, è fuor di dubbio che anche il RSPP sarà chiamato a rispondere in sede penale, per gli stessi reati ascritti al datore di lavoro, nel caso in cui la causa stessa dell’infortunio “sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare”.
Così, infatti, ha statuito la Suprema Corte di Cassazione, Sez. IV, con la sentenza del 27.01.2011 n. 2814.
Il naturale corollario di tale principio è che se anche la normativa di settore esclude la sanzionabilità penale o amministrativa di eventuali comportamenti negligenti del RSPP, ciò non significa che questi debba considerarsi indenne da qualsiasi responsabilità penale e civile derivante da attività svolte nell’ambito dell’incarico ricevuto.
Infatti, occorre distinguere nettamente il piano delle responsabilità prevenzionali (di cui, in genere, non risponde penalmente il RSPP), derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo, da quello di responsabilità per reati colposi di evento, quando cioè si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie. (Corte di Cassazione, Sez. IV, sentenza del 27.01.2011 n. 2814).
In altre parole, vi è sempre corresponsabilità del RSPP con il datore di lavoro in caso di infortunio sul lavoro, tutte le volte che “l’inosservanza dei compiti di prevenzione attribuiti al RSPP dalla legge si configura come una delle concause dell’evento lesivo”.
Ne discende che, laddove il datore di lavoro non adotti una “doverosa misura di prevenzione a causa di un errato suggerimento o di una mancata segnalazione circa una situazione di rischio da parte del RSPP, che abbia agito con imperizia, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, quest’ultimo sarà chiamato a rispondere dell’evento dannoso derivatone, essendo l’infortunio a lui ascrivibile a titolo di colpa professionale”.
Ma i problemi non finiscono qui.
È opportuno rammentare, infatti, che il RSPP, con l’assunzione dell’incarico, assume anche degli obblighi nei confronti del datore di lavoro, specie se si tratta di RSPP esterno all’azienda o comunque di RSPP interno che, per tale ruolo, riceve una specifica retribuzione.
I giudici di legittimità, anche in questo caso, non fanno sconti.
“Se dalla sua consulenza derivano danni a qualcuno, il RSPP li deve risarcire.”
Al riguardo, seppur in breve, basterà rammentare che a mente dell’art. 2043 del codice civile, qualunque fatto, doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.
In pratica, la consulenza negligente offerta dal RSPP dalla quale dovesse dipendere, con evidente nesso eziologico, il mancato rispetto di uno dei compiti di cui all’art. 33 del D.Lgs. 81/08 con conseguente danno a terzi (datore di lavoro o lavoratore, solo, per fare un esempio), obbligano il RSPP a risarcire di tasca propria i soggetti lesi.
A tale prima ipotesi di responsabilità extra-contrattuale se ne aggiunge, poi, una di natura strettamente contrattuale.
A tali condivisibili conclusioni è pervenuta anche la Commissione “Qualità e Sicurezza” dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Catania la quale, tra l’altro, ha segnalato che “l’affidamento da parte del datore di lavoro e l’accettazione da parte di un soggetto, dell’incarico di RSPP si configura in genere come un contratto a prestazioni corrispettive in cui il nominato RSPP assume l’obbligo di svolgere i compiti propri a tale figura, a fronte di un compenso da parte del datore di lavoro.
E il RSPP, in quanto soggetto qualificato e adeguatamente formato ed aggiornato è tenuto pertanto ad assolvere alle obbligazioni contrattuali legate al suo ruolo con la diligenza del buon professionista.
Ne consegue che, laddove il RSPP non svolga con la dovuta diligenza l’incarico che gli viene affidato, il datore di lavoro che subisca un danno può contestare l’inadempimento contrattuale e, eventualmente, protestare i danni che abbia subito.”
La medesima Commissione, poi, ha collazionato una serie di sentenze relative a infortuni sul lavoro dai quali siano derivate lesioni o la morte del lavoratore, grazie alle quali si ricava il seguente quadro sinottico:
- L’RSPP ha il compito di individuare in azienda i potenziali pericoli per la salute e per l’incolumità dei lavoratori, di suggerire azioni volte all’eliminazione dei medesimi e di formare ed informare i lavoratori alla prevenzione;
- è un ‘professionista’, ha svolto corsi di formazione e di aggiornamento continuo per cui è tenuto a ‘sapere’ individuare i rischi, valutarli e prevenirli;
- laddove il RSPP non svolga adeguatamente il proprio ruolo di consulente ed ometta di prendere in considerazione taluni rischi, di eliminarli o di informare i lavoratori sulle modalità di prevenire incidenti e si verifichi un infortunio che può essere considerato ‘tipico’ in relazione al rischio che si è omesso di considerare, lo stesso risponde penalmente, in concorso con il datore di lavoro o autonomamente, dell’evento occorso (lesione, morte, pericolo per la pubblica incolumità, ecc.)”.
Tuttavia, in definitiva, l’RSPP andrà “esente da responsabilità qualora riesca a dimostrare:
- che ha diligentemente svolto i compiti a cui è chiamato, mettendo in concreto il datore di lavoro in condizione di individuare i rischi e adottare idonee misure correttive per eliminarli (in tal caso, se il datore di lavoro non segue le direttive del RSPP risponderà lui solo della mancata attuazione delle misure indicate);
- che l’evento si è verificato, nonostante il corretto assolvimento dei suoi obblighi, ovvero per ragioni estranee ed indipendenti dalla valutazione dei rischi da lui condotta o dalle misure da lui adottate (mancata esecuzione delle misure suggerite da parte del datore di lavoro, fatto abnorme del lavoratore, caso fortuito ecc.).
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