Al fine di determinare la responsabilità del datore di lavoro a seguito dell’infortunio di un proprio dipendente occorre valutare con attenzione anche il ruolo avuto dal servizio di prevenzione e protezione o da eventuali consulenti.
La Corte di Cassazione, tramite la sentenza n. 22628 depositata il 10 giugno 2022, ha accolto un motivo di ricorso avanzato da un datore di lavoro, ritenuto colpevole del reato di lesioni personali colpose gravi commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Questa sentenza ci interessa poiché ribadisce l’importanza del ruolo del consulente per la sicurezza, il cui operato, in caso si dimostri abbia concorso al verificarsi dell’evento per accertata imperizia, sposta la responsabilità dal datore di lavoro al consulente stesso.
Nel caso esaminato dalla Corte, all’imputato era stata attribuita la colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia per non aver messo a disposizione del proprio dipendente idonei dispositivi di protezione dai rischi di taglio (guanti) in violazione dell’art. 18, comma 1, lett. d), D.Lgs. n.81 del 2008.
Colpa attribuita malgrado la scelta tecnica fosse stata suggerita da una qualificata società di consulenza opportunamente incaricata e successivamente e ritenuta corretta dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
Avverso la sentenza l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione articolando tre motivi, di cui il terzo con esito positivo.
Nel dispositivo di accoglimento, la Cassazione rimprovera il giudice di secondo grado di aver attribuito in capo all’imputato una sorta di responsabilità oggettiva., ovvero quella responsabilità posta a carico del soggetto senza che a costui possano essere addebitati colpa o dolo.
Il giudice di merito, infatti, ha ritenuto l’infortunio verificatosi come concreta conseguenza del rischio specifico a cui era esposto il lavoratore per questo motivo sottoposto al rispetto dell’obbligo da parte del datore di lavoro di fornire ai sensi dell’art. 18 del TUS idonei dispositivi di protezione individuali, senza però argomentare l’effettivo motivo di rimprovero.
Così facendo il giudice avrebbe attribuito al datore di lavoro una responsabilità fondata esclusivamente sulla posizione di garanzia attribuita dalla legge al datore di lavoro, senza valutarne la condotta né verificando altresì la natura della consulenza e la sua influenza sulle decisioni del servizio di prevenzione e protezione anche in relazione alla riconosciuta qualificazione vantata dalla società incaricata.
Possiamo concludere ricordando che la valutazione dei rischi è finalizzata non alla conseguente redazione formale del documento ma all’individuazione delle migliori misure di prevenzione e protezione, collettive e individuali finalizzate a proteggere il lavoratore durante lo svolgimento della propria mansione.
Per fare ciò bisogna fare molta attenzione alle caratteristiche di sicurezza dei dispositivi e alla loro effettiva idoneità a proteggere dallo specifico rischio .