La grave situazione emergenziale determinata dalla diffusione pandemica del COVID 19 ha reso necessaria l’adozione di misure per la gestione e il contenimento dell’epidemia nei diversi campi sia produttivi che formativi, con il ricorso a provvedimenti che risentono inevitabilmente della loro natura emergenziale.
Per quel che ci riguarda dobbiamo purtroppo annotare l’assenza di linee guida sufficientemente chiare, tassative ed omogenee su tutto il territorio nazionale, nel campo della formazione in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, che dovevano (e dovrebbero) promanare dagli organismi nazionali e regionali a ciò deputati, prima fra tutte la Conferenza Stato-Regioni, fino ad oggi la grande assente.
La conseguenza più diretta è rappresentata dalla confusione che aleggia in questo ambito, soprattutto con riferimento alla validità della formazione erogata in videoconferenza.
Ad onor del vero, in questo ambito, registriamo un solo intervento della Conferenza delle regioni e delle province autonome, discretamente riuscito, finalizzato alla pianificazione della formazione a distanza nei percorsi formativi obbligatori per l’ accesso alle professioni e/o ad attività economiche e/o professionali regolamentate, la cui formazione è in capo alle Regioni e Province Autonome.
Per il resto, registriamo le convergenti posizioni delle regioni Lazio e Veneto, che prevedono espressamente la possibilità di ricorrere a forme più diffuse di “formazione a distanza”, e la contrapposta decisione della regione Sicilia di negare ogni possibilità di ricorrervi al di fuori dei casi già regolamentati in conferenza Stato-regioni.
La posizione “negazionista” della regione Sicilia è, a nostro avviso, sbagliata nel merito per le ragioni di cui diremo di seguito, e non conforme alle indicazioni che comunque provengono dai diversi decreti-legge ed accordi tra le parti sociali intervenuti in questi ultimi due mesi.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza partendo dal protocollo del 14 marzo 2020 che, pur non avendo alcun carattere di obbligatorietà, comunque descrive un percorso condiviso dal governo e dalle maggiori rappresentanze sindacali datoriali e dei lavoratori.
Per quanto di interesse, esso prescrive che “Il mancato completamento dell’aggiornamento della formazione professionale e/o abilitante entro i termini previsti per tutti i ruoli/funzioni aziendali in materia di saluta e sicurezza nei luoghi di lavoro, dovuto all’emergenza in corso e quindi per causa di forza maggiore, non comparta l’impossibilità a continuare lo svolgimento dello specifico ruolo/funzione…”.
A ciò si aggiunga che il D.L. 7 marzo 2020, nr. 18 c.d. “cura Italia”, all’art. 103, c. 2 prevede che “Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020, conservano la loro validità fino al 15 giugno 2020.”.
Ne consegue che la mancata effettuazione dell’aggiornamento non preclude lo svolgimento dell’attività lavorativa, tenuto conto che l’aggiornamento dovrà essere completato, al termine dell’emergenza, come da modalità stabilite dalla disciplina di riferimento.
La ratio delle disposizioni sopra esposte e di quelle che hanno obbligato le aziende e gli uffici pubblici a ricorrere allo smart working e le scuole alla formazione a distanza è quella, in buona sostanza, di evitare “eventi, riunioni – compresa la formazione – che comportino la presenza fisica delle persone all’interno delle aziende o in aule didattiche..”, con la naturale conseguenza che l’attività di formazione prevista dal D.Lgs. 81/08 dovrà essere assicurata, nella misura più estesa possibile, in remoto.
Si tratta, a ben vedere, di una sfida all’insegna dell’innovazione tecnologica che ci viene lanciata nell’ambito di uno scenario pandemico certamente non previsto, ma che ci offre l’opportunità di sfruttare al massimo la nostra capacità di resilienza, trasformando una criticità in un’opportunità.
Senza peraltro rinunciare ai principi cardine che sorreggono la formazione in un ambito delicatissimo qual è quello di cui ci occupiamo.
Ed è esattamente ciò che ha fatto la regione Veneto, prevedendo che la possibilità di svolgimento di attività formative a distanza sia applicabile anche alla formazione obbligatoria prevista dall’articolo 37 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e disciplinata dagli Accordi in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Ovviamente ha anche prescritto che “..fino al termine dell’emergenza, l’eventuale formazione a distanza effettuata mediante collegamento telematico in videoconferenza tale da assicurare l’interazione tra docente e discenti (ciascuno in solitaria, essendo esclusa qualsiasi forma di aggregazione in tale ambito) si ritiene equiparata a tutti gli effetti alla formazione in presenza. Con queste modalità, la registrazione delle presenze in entrata e uscita avverrà mediante registro elettronico o sotto la responsabilità del docente, così come l’effettuazione del test finale di apprendimento, ove previsto.”
Appare finanche superfluo sottolineare che resta fuori da questo ambito qualunque modulo formativo che preveda un addestramento pratico che dovrà essere effettuato in presenza, nel rispetto delle norme sul distanziamento sociale e sull’uso dei DPI che saranno ulteriormente dettagliate nei prossimi giorni e che varranno dal 4 maggio in poi.
Sulla stessa lunghezza d’onda si è recentemente mossa anche la regione Lazio, stabilendo che tali attività devono essere organizzate prevedendo orari precisi di inizio e fine evento e consentendo il tracciamento delle persone loggate nella piattaforma.
In buona sostanza nulla impedisce la piena equiparazione tra la formazione erogata in video-conferenza sincrona con quella di tipo classico in presenza.
Le aule virtuali possono tranquillamente essere contingentate come accade per quelle residenziali, le presenze possono essere attestate senza possibilità di equivoco, i programmi sono gli stessi, c’è possibilità di interazione “dal vivo” tra docente e discente grazie alla videocamera e al microfono, non vi è alcun problema nella predisposizione dei test di apprendimento e nella loro acquisizione e valutazione.
Insomma, la tecnologia ci consente di “certificare” la sufficienza e adeguatezza della formazione anche con procedure remotizzate, peraltro già previste ed utilizzate, seppur in forma minore, prima che scoppiasse l’emergenza Covid19.
In altre parole, non vi è esigenza tecnico-formativa che non possa essere garantita da una moderna piattaforma digitale per l’erogazione di formazione a distanza e da un software per la completa gestione delle attività formative previste dal D. lgs. 81/08, come quella di cui dispone già da tempo AIFES.
La formazione, pertanto, potrà essere rigidamente organizzata secondo calendari opportunamente comunicati agli organi ispettivi, i corsi potranno essere ispezionabili da remoto grazie ad un web link ed eventuali credenziali per poter accedere da remoto alla classe virtuale, il registro delle presenze sarà sempre disponibile on-line.
Insomma, l’unico limite difficile da superare è l’ignoranza di chi ha compiti di responsabilità e il pregiudizio, non sempre disinteressato, di chi si oppone acriticamente a queste innovazioni.