La ragione di questo focus risiede principalmente nel fatto che, non di rado, nella pubblica amministrazione si è portati a ritenere “diluite” o non del tutto cogenti le responsabilità, i doveri e le connesse sanzioni penali in capo alla figura di garanzia rappresentata dal responsabile Unico del Procedimento (RUP) che, nell’ambito di appalti concessi da una pubblica amministrazione, così come previsto dall’art. 7 del d.p.r. 494 del 1996 <<…provvede a creare le condizioni affinché il processo realizzativo dell’intervento risulti condotto in modo unitario in relazione ai tempi e ai costi preventivati, alla qualità richiesta, alla manutenzione programmata, alla sicurezza e alla salute dei lavoratori ed in conformità a qualsiasi altra disposizione di legge in materia>>.
In proposito riteniamo utile riprendere, per la parte che qui interessa, le motivazioni della recentissima sentenza della Corte di Cassazione – Sez. 4 penale, 29 gennaio 2020, n. 3742 – che conferma in modo chiaro il consolidato orientamento sugli obblighi prevenzionistici e sulla co- responsabilità penale del RUP, nella sua qualità di Responsabile dei lavori (RL), unitamente al Coordinatore per la Sicurezza durante la Progettazione dei lavori (CSP) e al Coordinatore per la sicurezza durante l’Esecuzione dei lavori (CSE).
Nel caso di specie l’alta corte ha in buona sostanza confermato che sul Responsabile Unico del Procedimento (RUP) << … grava una posizione di garanzia connessa ai compiti di sicurezza non solo nella fase genetica dei lavori, laddove vengono redatti i piani di sicurezza, ma anche durate il loro svolgimento, ove è previsto che debba svolgere un’attività di sorveglianza del loro rispetto (Cfr. Sez. 4 n. 7597 dell’8.11.2013 rv. 259123-01; Sez. 4 n.41993 del 14.06.2011 rv. 251925-01; Sez. 4 n. 23090 del 14.03.2008 rv. 240377)…>>.
Orbene, proprio perché abbiamo il fondato timore che un approccio eccessivamente burocratico alle norme prevenzionistiche – da parte dei dipendenti pubblici investiti della responsabilità di RUP e, quindi, di responsabile dei lavori – possa indurre taluno a ritenere che spetti “ sempre e comunque ad altri” il compito di verificare il pieno e puntuale rispetto delle norme contemplate dal d.lgs. 81/08, rammentiamo che la corte di cassazione, chiamata a pronunciarsi sull’infortunio mortale avvenuto negli stabilimenti italiani della ThyssenKrupp, ha chiaramente affrontato e definitivamente inquadrato i diversi gradi e forme di responsabilità delle diverse figure di garanzia.
A tale ultimo riguardo le Sezioni Unite (Sez. U. 24 aprile 2014), hanno sottolineato che: a) la diversità dei rischi separa le sfere di responsabilità; b) un comportamento è “interruttivo” della sequenza causale non perché “eccezionale” ma perché eccentrico rispetto al “rischio” che il garante è chiamato a governare; c) tale eccentricità rende magari in qualche caso (ma non necessariamente) statisticamente eccezionale il comportamento ma ciò è una conseguenza accidentale e non costituisce la reale ragione dell’esclusione dell’imputazione oggettiva dell’evento.
In altre parole <<.. l’effetto interruttivo del nesso causale può essere dovuto a qualunque circostanza che introduca un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è chiamato a governare (sul punto cfr. Sez. 4, n. 33329 del 05/05/2015, dep. 28/07/2015, rv. 264365; Sez. 4 n. 123 del 11/12/2018 Ud. (dep. 03/01/2019) rv. 274829 – 01)>>.
Fatta questa debita premessa – che chiarisce, ancora una volta, che l’esimente della responsabilità può derivare solo da un comportamento abnorme e/o radicalmente esorbitante da parte della “vittima”- corre l’obbligo di precisare che la responsabilità del RUP è stata ritenuta sulla base della qualità di “Responsabile del procedimento amministrativo” e responsabile dei lavori sul quale incombe, ai sensi del D.P.R. n. 494 del 1996, art. 6, l’obbligo della verifica delle condizioni di sicurezza del lavoro in attuazione dei relativi piani (art. 4 e art. 5, comma 1, lett. a) D.P.R. cit.).
Inoltre, continua l’alto consesso di legittimità, deve ricordarsi <<.. che ai sensi del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 7, comma 2, (Regolamento di attuazione della Legge Quadro dei Lavori Pubblici), il Responsabile del procedimento ” provvede a creare le condizioni affinché il processo realizzativo dell’intervento risulti condotto nei tempi e costi preventivati e nel rispetto della sicurezza e la salute dei lavoratori, in conformità a qualsiasi altra disposizione di legge in materia.
Inoltre, ai sensi dell’art. 8, lett. f) il RUP deve coordinare le attività necessarie alla redazione del progetto definitivo ed esecutivo, verificando che siano rispettate le indicazioni contenute nel documento preliminare alla progettazione e nel progetto preliminare, nonché alla redazione del piano di sicurezza e di coordinamento e del piano generale di sicurezza. Inoltre, ai sensi dell’art. 8, comma 3, vigila sulla attività, valuta il piano di sicurezza e di coordinamento e l’eventuale piano generale di sicurezza e il fascicolo predisposti dal coordinatore per la progettazione.
In ogni caso è onere del RUP controllare l’adeguatezza dei piani di sicurezza alla salvaguardia dell’incolumità dei lavoratori e dei terzi che si trovino in prossimità dell’area di lavorazione nel corso dei lavori.
La sentenza in commento, quindi, ci consente di ribadire che la radicata posizione di garanzia in capo al RUP rende rilevante causalmente la sua negligente condotta omissiva nel caso in cui egli ometta di controllare l’adeguatezza e specificità dei piani di sicurezza rispetto alle loro finalità e di vigilare sulla loro corretta attuazione.
Ne consegue che il RUP << ..non potrà considerare esclusa e neppure attenuata la sua personale responsabilità derivante dalla propria condotta omissiva, (…) neppure in presenza di un comportamento negligente di un altro o titolare di posizione di garanzia, come il titolare della ditta cui era stato conferito l’appalto dei lavori, direttore di cantiere ed esecutore delle opere,(..) in quanto le negligenze del titolare concorrente di posizione di garanzia erano, nel caso di specie, fatti prevedibili a cui si doveva porre riparo predisponendo appunto presidi di sicurezza che prescindono dalla condotta della persona da salvaguardare>>.
“Alla luce anche dei principi affermati dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014), deve affermarsi che appartiene alla competenza del gestore del rischio connesso all’esistenza di un cantiere anche la prevenzione degli infortuni di soggetti a questo estranei, ancorché gli stessi tengano condotte imprudenti, purché non esorbitanti il tipo di rischio in questione, come nel caso di volontaria esposizione al pericolo (similmente si è già sostenuto, in materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, che il soggetto beneficiario della tutela è anche il terzo estraneo all’organizzazione dei lavori, sicché dell’infortunio che sia occorso all’ “extraneus” risponde il garante della sicurezza, sempre che l’infortunio rientri nell’area di rischio definita dalla regola cautelare violata e che il terzo non abbia posto in essere un comportamento di volontaria esposizione a pericolo”.