L’uso prolungato del cellulare può presentare un fattore di rischio per il lavoratore.
A confermarlo è stata la Sentenza N. 904 del 2019 della Corte d’Appello, che ha rigettato il ricorso dell’Inail in relazione alla sentenza del Tribunale di Ivrea, sezione lavoro, n. 96 del 2017.
Nel caso in esame, un lavoratore tecnico assunto da una società di telefonia, dal 1995 al 2010 aveva utilizzato per lavoro il telefono tutti i giorni per 4 ore al giorno.
Passati 15 anni gli veniva riscontrato un neurinoma con conseguente asportazione del nervo acustico e perdita dell’udito all’orecchio destro e una parziale paresi vicino al cavo orale.
L’Inail era stato condannato al pagamento dell’Indennità per malattia professionale, sulla base dell’accertamento effettuato dalla consulenza tecnica d’ufficio del Tribunale (CTU), che aveva constatato la sussistenza del nesso causale sulla regola del “più probabile che non”, oltra alla sussistenza del nesso causale basato sulle peculiarità del caso.
Oltretutto, secondo gli studi epidemiologici, un maggior rischio per i tumori celebrali è causato dall’esposizione a radiofrequenze di telefoni mobili e cellulari per un periodo superiore a 10 anni.
Essendo poi, una malattia professionale non tabellata e a eziologia multifattoriale, la valutazione deve essere effettuata in termini di ragionevole certezza.
A seguito dell’appello, veniva effettuata un’altra consulenza tecnica d’ufficio, confermando quanto precedentemente dichiarato e sottolineando che l’esposizione a radiofrequenza in quegli anni risultava essere al di sopra della soglia consentita.
Oltretutto non esistevano ancora auricolari o cuffiette che potessero attutirne i gravi effetti.
In conclusione, ad oggi, con la consapevolezza delle gravi conseguenze che nel tempo possono derivare, è fondamentale che i datori di lavoro mettano in atto tutte le misure per la sicurezza dei propri lavoratori e si occupino di redigere un’accurata valutazione dei rischi.