La responsabilità ammessa da un datore di lavoro in un procedimento penale per un infortunio di un proprio dipendente
potrebbe essere usata come prova nel procedimento civile per il risarcimento del danno non patrimoniale.
È quanto dichiarato con la Sentenza N. 3643 del 7 febbraio 2019 della Cassazione Civile.
Nell’infortunio in questione il dipendente stava potando degli alberi di alto fusto e si trovava nel cestello attaccato alla gru, manovrata dal datore di lavoro.
A causa di una movimentazione eccessiva l’infortunato cadeva da un’altezza di circa sei metri.
Il dipendente che ha subito l’infortunio ha richiesto al convenuto come danno non patrimoniale un importo di euro 527.120,83.
Di contro, il datore di lavoro chiamato in giudizio ha sottolineato come l’operaio abbia dato differenti versioni dell’accaduto alla Polizia Giudiziaria, mettendo in dubbio il verificarsi dell’infortunio sul luogo di lavoro.
Al contempo, però, il convenuto aveva patteggiato la pena per lesioni personali nel procedimento penale e quindi ammesso la propria responsabilità per l’infortunio.
Tuttavia, la Corte d’Appello ha respinto la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale.
Dopodiché, l’operaio ha fatto ricorso alla Suprema Corte.
Gli Ermellini hanno dichiarato l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, specificando che la sentenza penale costituisce un elemento probatorio per il giudice di merito, il quale, se non dovesse tenere in considerazione tale prova, dovrà dare spiegazioni circa l’insussistenza della responsabilità ammessa dal datore di lavoro e la decisione presa dal Giudice penale.
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