Si parla di orario di lavoro quando sussistono tre condizioni che devono necessariamente verificarsi contemporaneamente.
Esse sono specificate dalla normativa comunitaria e riguardano la presenza del lavoratore al lavoro, la messa a disposizione nei confronti del datore di lavoro e l’esercizio delle attività e funzioni proprie.
Di conseguenza, in base all’art. 8 D.Lgs. 66/2003, lo spostamento del prestatore di lavoro dal suo domicilio al luogo di lavoro e viceversa, purché non ci siano deroghe al CCNL di riferimento, non è retribuito.
Oltre al normale svolgimento dell’attività lavorativa, rientrano nell’orario di lavoro anche tutte le attività connesse, come ad esempio la vestizione, nel caso sia disciplinato sia il tempo che il luogo in cui deve effettuarsi, oppure la timbratura del cartellino.
Nel caso di lavoratore reperibile, si considererà orario di lavoro, solo quello svolto in conseguenza alla chiamata al lavoro.
Per quanto riguarda, invece, il lavoratore in trasferta, non dovrebbero essere considerate le ore di viaggio, se il prestatore di lavoro ha una certa autonomia, come la possibilità di scegliere l’ora della partenza o anche il mezzo di trasporto.
In questi casi viene corrisposta un’indennità di trasferta che può essere di tipo retributivo, per supplire il maggior sforzo psico-fisico del lavoratore.
Oppure viene corrisposta un’indennità con funzione di rimborso per le spese sostenute, ma in questo caso, se il tempo di viaggio non rientra in quello del normale orario di lavoro, verrà anch’esso retribuito.
Se le ore di viaggio eccedono quelle del normale orario lavorativo, il lavoratore avrà diritto ad un trattamento economico pari all’85% o 65% in base al tempo di spostamento.
Infine, in caso di trasferta, se il lavoratore, prima di partire, deve recarsi presso la sua sede aziendale, nell’orario di lavoro sarà ricompreso anche il viaggio dalla sede al luogo della trasferta.