La “finzione” di un infortunio sul lavoro deve sempre essere dimostrata dal datore di lavoro.
Egli ha, infatti, l’onere di provare che l’infortunio non si sia realmente verificato.
In questo caso si può procedere con il licenziamento per giusta causa.
Molti datori di lavoro, per scovare i finti infortunati, ingaggiano delle società di investigazione.
Oltretutto, durante il periodo di convalescenza il lavoratore non è sottoposto a visita medica, quindi è anche più difficile controllare i propri dipendenti.
Ai sensi dell’art. 640 del Codice penale, il dipendente che finge un infortunio sul posto di lavoro, commette il reato di truffa nei confronti dello Stato.
Può, però, svolgere una diversa attività lavorativa durante il periodo dell’infortunio, se non pregiudica la guarigione o sia incompatibile con il suo stato di infermità.
In caso contrario, il licenziamento del lavoratore sarebbe legittimo.
La tutela da parte dell’Inail è quindi esclusa in caso di infortunio simulato, aggravamento dovuto a comportamenti dolosi e inidonei del lavoratore, oppure per infortuni causati da eventi estranei al lavoro.