La proposta di Aifes per “mettere in sicurezza il lavoro”
Il 1° maggio è stato significativamente scelto da AIFES per elaborare un’articolata proposta emendativa del d.P.C.M. 26 aprile 2020, nella parte in cui conferma l’impossibilità di svolgere ”attività formative” da parte di soggetti sia pubblici che privati, ivi comprese quelle in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Le conseguenze di tale immotivato stop sono, a nostro avviso, del tutto illogiche in quanto non riesce agevole comprendere l’iter logico seguito dal Governo che, da un lato autorizza le aziende elencate nell’allegato I al d.P.C.M. 26 marzo 2020 a riprendere l’attività lavorativa nella c.d. fase 2 e, dall’altro, impedisce loro di utilizzare una parte dell’orario di lavoro (come previsto dall’articolo 37, comma 12, del d.lgs. n. 81/2008) per trasferire ai lavoratori (o ai nuovi assunti o ai lavoratori che cambiano mansioni) contenuti prevenzionistici quantomai importanti e urgenti.
Ovviamente a parità di condizioni di sicurezza per la salute.
Ma non solo, le disposizioni emergenziali in parola sono esiziali per il settore di interesse e gravi sia per l’occupazione che per il rilancio produttivo del nostro Paese.
Tra le maggiori criticità connesse e conseguenti a tale illogico “blocco della formazione” abbiamo segnalato:
- l’impossibilità di provvedere alla formazione per i nuovi assunti e/o di integrare la formazione delle persone già in forza in azienda con conoscenze prevenzionistiche necessarie ad un lavoro “sicuro”, in caso di cambio di mansioni e/o di modifiche significative dell’organizzazione e delle procedure aziendali;
- la mancata autorizzazione alla realizzazione di attività di formazione e aggiornamento per la conduzione di attrezzature di lavoro, con impossibilità per le aziende di assumere personale in tali delicate mansioni;
- l’impossibilità per le imprese appaltatrici e/o esecutrici di accedere nei cantieri temporanei o mobili avendo rispettato correttamente l’obbligo formativo nei riguardi dei propri dipendenti, risultando in tal modo inadempienti rispetto il contratto di appalto;
- i possibili effetti in caso di infortunio del lavoratore atteso che, in sede penale, non costituirebbe una esimente la preclusione dettata dai d.P.C.M. in materia di formazione, essendo il Giudice soggetto solo alla legge, la quale prevede la formazione come misura di prevenzione comunque obbligatoria.
In considerazione di quanto precede, Aifes ha raccolto il “grido d’allarme” delle sue articolazioni territoriali e, grazie anche al qualificato apporto dei suoi stakeholders, ha opportunamente sollecitato l’attenzione degli organismi di rango costituzionale ai quali sono demandate funzioni di controllo e/o di indirizzo in tali delicate materie.
Ma non solo.
In pari data abbiamo anche fatto pervenire al Governo un’articolata e motivata richiesta emendativa, affinché sia consentito al datore di lavoro, ovvero al titolare dell’impresa, di adempiere all’obbligo formativo in materia di salute e sicurezza sul lavoro (comprensivo delle attività di addestramento) presso le aziende che possono essere aperte, sempre e solo a condizione che durante l’attività formativa – né più né meno di quanto previsto per la produzione – il datore di lavoro garantisca tutte le misure obbligatorie di contrasto al Coronavirus, quali descritte dal Protocollo del 24 aprile 2020 e s.m.i., oggetto di attuazione concreta in azienda.