Come previsto dalla Circolare Ministeriale del 18 novembre 2010, la Soc. Verdi srl ha effettuato la valutazione preliminare del rischio di stress lavoro-correlato e, pur non essendo emersi elementi di particolare criticità, ha effettuato anche la valutazione approfondita, tramite l’analisi della percezione soggettiva dei lavoratori. L’esame dei dati ha evidenziato la presenza di rischi psicosociali non ben controllati a causa dei quali è stata rilevata la significativa presenza di un potenziale rischio di stress lavoro correlato. Il datore di lavoro ed i dirigenti sono preoccupati e non sanno cosa fare per mettere mano alla situazione di rischio identificata. Per aiutarli a gestire il problema gli suggeriamo un percorso in quattro mosse.
Prima mossa: conoscere a fondo l’ “avversario”
Il primo passo da compiere è la conoscenza dell’avversario, in questo caso i rischi psicosociali. Nell’antico testo cinese “Sun Tzu”, conosciuto in occidente come “L’arte della guerra”, si afferma che «Il segreto per vincere sta nel conoscere gli elementi che compongono la situazione e agire su di essi in modo da utilizzare a nostro favore il loro potere intrinseco». Questo vale anche nei confronti dei rischi psicosociali, tra i quali lo stress lavoro correlato è probabilmente il più noto. L’Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro afferma che essi sono la conseguenza di malfunzionamenti dei processi organizzativi e che traggono origine da «Quegli aspetti di progettazione e di organizzazione e gestione del lavoro, nonché dei rispettivi contesti ambientali e sociali, che potenzialmente possono arrecare danni fisici o psicologici». Si tratta pertanto di rischi riconducibili:
- alla natura e caratteristiche dei processi organizzativi, del contenuto del lavoro e degli ambienti in cui il lavoro si svolge;
- al modello culturale, ai valori e alle caratteristiche delle relazioni che permeano il contesto organizzativo e sociale dell’azienda.
Nella tabella 1, ripresa dal documento sullo stress lavoro correlato elaborato dalla Società italiana di medicina del lavoro e igiene industriale (Cesana et al., 2006) sono riportati i tipi di rischio psicosociali ed i fattori specifici che generano lo stress lavoro correlato.
Tabella 1
Il rischio stress lavoro correlato si caratterizza per il fatto di essere un rischio “multimodale”, in quanto può avere origine da molte cause diverse, e “dinamico”, perché legato alle modalità con cui si strutturano, vengono gestiti e si evolvono i processi lavorativi. Nei documenti ufficiali emessi da organismi europei e nell’Accordo europeo del 2004 (art. 3, comma 1) lo stress lavoro correlato è definito «una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro». In altri termini lo stress si genera a causa di un elevato squilibrio tra ciò che il compito richiede (la domanda) e le risorse di cui il soggetto dispone per affrontarlo (il controllo).
L’Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, a sua volta, definisce lo stress un «Fenomeno che si verifica in presenza di eventi o caratteristiche di eventi che vengono percepiti dalla persona che li deve affrontare come significativi per il proprio benessere ma che vanno oltre le sue capacità di farvi fronte». Tecnicamente lo stress lavoro-correlato viene percepito dai lavoratori sotto forma di una “pressione” sopportabile solo per un tempo limitato, generata dall’esposizione ad «aspetti avversi e nocivi del contenuto del lavoro, dell’organizzazione del lavoro e dell’ambiente di lavoro fisico e sociale», a cui si accompagna lo spontaneo insorgere negli individui di un «insieme di reazioni emotive, cognitive, comportamentali e fisiologiche».
Tali eventi sono indicati con il termine inglese stressor, a cui corrisponde quello italiano di agente stressante e possono innescare in uno o più individui una reazione di stress. Gli agenti stressanti possono essere fisici (ad esempio l’esposizione al freddo o a caldo eccessivo), ambientali o culturali (rumori, traffico, vicini di casa, sport pesanti), psicologici (un colloquio di lavoro o una prova d’esame), affettivi (un evento di perdita o lutto), alimentari (caffeina).
Seconda mossa: indagare cosa causa il problema
Il primo aspetto da indagare riguarda l’esistenza di stressors ambientali e fisici, la cui individuazione è, peraltro, relativamente semplice. Si deve quindi esaminare le modalità di funzionamento dei processi organizzativi, per quanto riguarda gli aspetti relativi alla sicurezza e salute dei lavoratori, con la finalità di individuare quali agenti stressanti sono al momento operanti nel contesto lavorativo. Un aiuto nella loro individuazione ci può venire da quanto riportato nella tabella 1.
A differenza di quanto accade per gli stressors fisici e ambientali, la ricerca e l’eliminazione degli agenti stressanti culturali e psicologici si rivela più complessa e per la loro indagine occorrono competenze specifiche. Una volta riconosciuti gli agenti stressanti, occorre individuare quali interventi sono praticabili. Sono possibili tre tipi di intervento:
- Prevenzione Primaria, il cui obiettivo è l’eliminazione degli agenti stressanti. Questo tipo d’intervento è risolutivo in quanto elimina la causa dello stress. Purtroppo non sempre è praticabile. Vi sono infatti delle attività e dei compiti che presentano naturalmente un elevato potenziale di stress. Pensiamo, ad esempio, a certi compiti o professioni, come medici, infermieri, insegnanti, forze dell’ordine, ecc., la cui attività è per sua natura stressante.
- Prevenzione Secondaria, attuabile quando non è possibile eliminare gli agenti stressanti mediante la prevenzione primaria ed i cui obiettivi sono quelli di mitigare la pressione degli stressors e rafforzare le capacità di reazione e le difese degli individui esposti.
- Prevenzione Terziaria con la quale si interviene in una situazione in cui lo stress ha già prodotto delle conseguenze sulla salute del soggetto. La prevenzione terziaria costituisce più propriamente la cura dagli effetti dello stress; il suo obiettivo è quello di evitare ulteriori peggioramenti e, se possibile, provvedere al recupero del soggetto.
Terza mossa: effettuare gli interventi correttivi e migliorativi
Operativamente gli interventi da realizzare per una corretta gestione del rischio di stress lavoro correlato si articolano su tre livelli: livello dell’organizzazione, livello dell’interfaccia individuo-organizzazione e livello dell’individuo.
A livello organizzativo si tratta, anzitutto, di individuare le condizioni di lavoro che possono causare stress e attuare i cambiamenti nella struttura e nelle prassi organizzative e delle condizioni lavorative e ambientali che sono necessari per impedire lo stress o per attenuarne gli effetti. Interventi tipici per il livello organizzativo sono:
- la ristrutturazione dell’organizzazione del lavoro o di sue parti;
- il cambiamento delle condizioni di lavoro;
- le politiche di selezione e gestione del personale;
- l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori.
A livello dell’interfaccia individuo-organizzazione, gli obiettivi dell’intervento sono il miglioramento dell’adattamento individuo-ambiente-organizzazione e delle relazioni sul lavoro. Gli aspetti su cui intervenire riguardano:
- la ridefinizione dei carichi di lavoro;
- la ridefinizione del livello di autonomia lavorativa;
- il grado di partecipazione e di motivazione al lavoro;
- le relazioni con capi e colleghi e, più in generale il “clima organizzativo”;
- la conciliazione delle esigenze tra casa e lavoro.
A livello individuale gli obiettivi possono consistere:
- nel miglioramento delle competenze e delle capacità e abilità dei lavoratori (Prevenzione Primaria);
- nell’alleggerimento della pressione generata dagli agenti stressanti che non è possibile eliminare e nel miglioramento delle capacità personali di fronteggiare lo stress, mediante forme di aiuto e di supporto specifico (Prevenzione Secondaria). Gli aspetti su cui intervenire a questo livello riguardano il miglioramento del coping ed il miglioramento della resilienza, ossia della capacità degli individui di reagire agli agenti stressanti.
- negli interventi di cura e riabilitazione degli individui colpiti dalle conseguenze dello stress negativo (Prevenzione Terziaria). Tra gli interventi si possono ricordare, ad esempio, la psicoterapia, le tecniche di rilassamento, il counselling, ecc.
Data la caratteristica multimodale con cui si manifesta lo stress lavoro correlato è assai probabile che gli interventi correttivi e migliorativi debbano comprendere un mix di interventi, magari di peso differenziato, ma relativi a tutti i livelli indicati.
In relazione alla strategia d’intervento, gli interventi rivolti ad attuare una strategia di prevenzione di tipo primario, qualora praticabili, sono essenzialmente rivolti ad eliminare o modificare sostanzialmente le fonti di stress lavorativo. Gran parte degli interventi a livello di interfaccia tra individuo, ambiente e organizzazione, in particolare la formazione rivolta a promuovere competenze e capacità psicologiche per una migliore gestione dello stress, riguarda la prevenzione secondaria. Gli interventi per la riduzione dei sintomi, quali l’apprendimento di tecniche di rilassamento, i programmi di counselling e l’assistenza al lavoratore, attengono principalmente alla prevenzione terziaria, in una logica di tipo riparativo. Nella Figura 1 sono schematizzate le possibili strategie d’intervento con indicati i risultati ottenibili con ognuna di esse.
Figura 1 – Strategia d’intervento sul rischio stress lavoro correlato
Quarta mossa: tenere monitorata la situazione
Rispetto agli altri rischi, il rischio di stress lavoro-correlato si caratterizza per il fatto di essere un rischio “dinamico”, in quanto strettamente correlato alle modalità con cui vengono gestiti e si evolvono i processi lavorativi. Questo significa che uno stressor inizialmente eliminato potrebbe ricomparire a distanza di qualche tempo, per effetto, ad esempio, di alcuni cambiamenti intervenuti nell’organizzazione, ma passati inizialmente inosservati e, quindi, apparentemente neutri riguardo un potenziale rischio. A distanza di qualche tempo, tuttavia, quegli impercettibili cambiamenti potrebbero creare un varco nelle difese dell’organizzazione, provocando in un numero più o meno elevato di lavoratori un iniziale stato di disagio e poi, a seguire, stati di malessere e, infine, di stress.
Pertanto per una corretta gestione del rischio stress lavoro correlato non si possono limitare gli interventi alla sola individuazione e attuazione delle azioni correttive e migliorative da sviluppare per eliminare gli agenti stressanti o per ricondurre il rischio ad un livello accettabile, o, comunque, governabile. è anche indispensabile effettuare il sistematico controllo nel tempo dei potenziali fattori di rischio individuati, mediante l’attuazione di un piano di monitoraggio con cui tenere sotto controllo l’evoluzione della situazione. Il monitoraggio dei fattori di stress costituisce un fulcro dell’azione di prevenzione del rischio e permette nel contempo di verificare rapidamente l’efficacia delle misure prese e di introdurre in tempi brevi gli eventuali correttivi che si rendessero necessari.
Dott. Piergiorgio Frasca (Psicologo del lavoro e delle organizzazioni)