Negli ultimi lustri il fenomeno infortunistico, come noto, ha fatto registrare una continua diminuzione con punte particolarmente virtuose tra il 2008 e il 2014.
È ragionevole supporre che il dato “confortante”, vale a dire la contrazione degli indici infortunistici, sia stato favorito anche dal decremento dell’occupazione.
Va purtroppo rilevato, però, che negli ultimi anni il favorevole andamento infortunistico ha avuto una flessione, facendo registrare un -8,8% nel 2012, -6,8% nel 2013, -4,6% nel 2014, e – 4,0 nel 2015.
Dagli ultimi dati pubblicati dall’INAIL emerge, infatti, un netto peggioramento nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 30 novembre 2016 con un incremento delle denunce di infortuni sul lavoro di circa 5.200 unità (dai 582.400 circa del 2015 si è passati ai 587.600 del 2016), pari a +0,9%.
Nel dettaglio si rileva che gli infortuni sul lavoro sono aumentati dello 0,5% (circa 2.700 infortuni in più, dai 499.300 circa del 2015 ai 502.000 del 2016), mentre gli infortuni in itinere denunciati sono pari a circa 2.500 unità (dagli 83.100 del 2015 agli 85.600 del 2016), vale a dire +3,0%.
I settori produttivi maggiormente soggetti a rischi infortunistici risultano essere i servizi alle imprese (+6,6%), i trasporti (+5,1%), la fabbricazione di autoveicoli (+5,1%) e quello metalmeccanico (+2,9%).
Va invece registrato con favore il calo degli infortuni in agricoltura, attestatosi ad un-4,2%.
Anche se l’obiettivo a cui tendere è “zero”, registriamo con favore che i decessi conseguenti ad incidenti sul lavoro sono in consistente calo e sono passati dai 1.080 dei primi undici mesi 2015 ai 935 dell’analogo periodo 2016, con un calo pari a -13,4%.
Purtroppo non possiamo fare a meno di registrare che a cavallo tra il 2016 e il 2017 si sono verificate continue tragedie sul lavoro costate la vita a numerosi lavoratori.
In incremento risultano anche le malattie professionali.
Anche in questo caso i dati INAIL relativi al periodo 1° gennaio–30 novembre 2016 denotano un incremento del 2,9%, con 55.900 denunce contro le 54.400 del 2015.
Particolarmente allarmante, nel 2016, risulta la crescita delle patologie dell’apparato muscolo-scheletrico che sono passate dalle 32.300 del 2015 alle 34.100 del 2016 con un incremento di circa 1.800 casi pari a +5,8%.
Permane invece stabile il trend delle malattie professionali “tradizionali” (respiratorie, cutanee, ipoacusie da rumore, tumori ecc.).
Per una lettura sistemica del fenomeno infortunistico non possiamo però prescindere dal contesto socio-economico e ai fattori della produzione.
Al netto delle consuete polemiche politiche sulla lettura dei dati Istat sugli indicatori più significativi, v’è da rilevare che dopo l’andamento disastroso del PIL (-2,8% nel 2012, -1,7% nel 2013 e -0,3% nel 2014), dal 2015 registriamo timidi segnali di ripresa con il PIL finalmente in crescita dello 0,7 annuo.
La crescita tende a proseguire anche nel 2016: nel terzo trimestre del 2016 (ultimo dato disponibile di fonte ISTAT) il prodotto interno lordo è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dell’1% nei confronti del terzo trimestre 2015.
Per quanto riguarda la produzione industriale, invece, l’ISTAT rileva che a novembre 2016 l’indice è aumentato dello 0,7% su ottobre e del 3,2% su base annua.
Per quanto riguarda il dato tendenziale dell’occupazione, sempre stando ai dati diffusi lo scorso 28 dicembre da Istat, Ministero del lavoro, Inps e Inail, si rileva una crescita degli occupati pari a +1,1% (in complesso 239.000 posti di lavoro in più), al netto di un incremento dell’1,8% tra i lavoratori dipendenti (+ 314.000 unità) ed una diminuzione dell’1,4% tra gli autonomi (-75.000 unità).
In altre parole, l’occupazione è aumentata nel 2016 di un +0,9% in termini di unità di lavoro congiuntamente a una leggera riduzione del tasso di disoccupazione attestatosi all’11,5%.
I miglioramenti sul mercato del lavoro dovrebbero proseguire anche nel 2017 ma a ritmi più contenuti: le unità di lavoro sono previste in aumento dello 0,6% e la disoccupazione dovrebbe attestarsi all’11,3%.
Dal complesso dei dati sopra sinteticamente enunciati emerge con sufficiente chiarezza (al netto della ben nota dialettica politica su questo, come su altri temi) che, comunque la si metta, l’incremento dell’occupazione (magari a termine) e la crescita della produzione sono un dato di fatto.
Non altrettanto certa, ma sicuramente plausibile, appare la correlazione tra questi dati con segno + e l’incremento dell’andamento infortunistico, non potendosi certo escludere che l’aumento di “ore lavorate” e quindi una più diffusa esposizione al rischio, possa aver inciso anche sul numero degli infortuni.
Così come appare altrettanto plausibile che il maggior utilizzo degli impianti – principalmente nei settori manifatturiero, dei servizi alle imprese e dei trasporti che, nel 2016, hanno fatto registrare un incremento degli andamenti infortunistici – e l’assunzione di personale, magari con i ben noti “voucher” o a tempo determinato, forse non sufficientemente esperto o formato, abbia inciso negativamente sugli standard di sicurezza generando condizioni di maggior rischio per i lavoratori, così come “fotografato” dall’Inail.
Arianna De Paolis